IN MEMORIAM
Forse queste parole devono arrivare dal profondo del mio cuore al cuore di chi le legge. Forse queste parole non saranno mai lette e andranno a perdersi nel oceano di parole scritte e mai lette, formando un’onda tsunamica di dolore inespresso.
Ho perso molto negli ultimi due anni, in diversi modi interpretativi: tranquillità, tempo, spazio di comunicazione, amici, certezze e, sopra ogni cosa, ho perso l’amore della mia vita.
Era lui, questo grande uomo che ho con osciuto durante i miei anni come studentessa universitaria a Bucarest, l’amore che difficilmente si può incontrare durante la vita.
Un uomo che attraversava le vicissitudini dell’esistenza senza timori e con il sorriso sulle labbra, l’uomo che in ventisei anni di viaggio insieme non si è mai dimenticato di chiamarmi “Amore”. Questo nostro modo di comunicare creava stupore nelle persone che perdevano la gentilezza dopo qualche anno di convivenza.
Quando nel 2020 venne istituita la quarantena e la paura di un nemico invisibile era palpabile, quando le immagini del personale sanitario chiuso dentro tute che dovevano essere protettive si insinuavano rapidamente nelle nostre coscienze offrendo la prospettiva di un mondo completamente innaturale, quando tutto se mbrava sbriciolarsi senza alternative di ricomponimento, quando avevo il terrore di lasciare la casa, lui, l’impavido Maurizio, usciva di casa e tranquillizzava tutti con il suo modo di essere.
Non avrei mai pensato che in un futuro ravvicinato la nostra vita sarebbe cambiata drasticamente. Non ha mai smesso di avere fiducia, mentre io ero sempre guardinga. Trovava del bello anche nello stare chiuso dentro casa, nell’iniziare nuovi progetti e nel migliorare il rapporto con noi, me e i nostri tre figli adole scenti.
Quanto è difficile tenere chiusi in casa i ragazzi, tagliare le loro ali mentre stanno spiccando il volo, addormentare le loro coscienze per non risentire il tumulto delle anime che si tormentano nel guardare informazioni che, in modo normale, dovr ebbero essere vietate!
Quanto è difficile impostare ai ragazzi l’appuntamento con i nonni o parenti facendoli credere che potrebbero essere loro i colpevoli per un eventuale decesso! Eppure Maurizio riusciva a tranquillizzare anche i cuori pieni di incredulità dei nostri figli, aveva sempre il sorriso sulle labbra e speranza nell’anima.
E poi, niente! Quando tutto sembrava essere passato, ci siamo ammalati. Noi due, perché cosi ci eravamo promessi: nel bene e nel male, finché la morte non ci separi!
Lui era più forte, non si lamentava. Io, la solita tormentata dalle paure recondite, terrore di qualcosa che poteva succedere e l’incredibile difficoltà nel prendere aria nei polmoni.
Siamo partiti insieme, la stessa ambulanza, la mia mano nella sua. Lui ricoverato immediatamente, io rimasta in attesa di essere mandata in un altro ospedale
che aveva posti disponibili. La mia di attesa è durata 26 ore, tempo in cui non ho ricevuto cure e i miei polmoni sono quasi collassati.
Poi è arrivata l’ambulanza per il mio trasporto, qualcosa che sembrava uscito da un film interbellico. La bombola di ossigeno non funzionava, qualcuno è tornato indietro, nell’ospedale, per cercare aiuto. Nel frattempo, Maurizio mi scriveva in continuazione, interessandosi con molta preoccup azione del mio stato.
Quelle a seguire sono state ore infernali, attimi di completa desolazione e perdita di speranza. Mi rivolgevo a Dio, dimenticando le parole del Padre Nostro. Le pareti della stanza si muovevano, stringendomi in una morsa fatale. Gli unici momenti di sollievo erano quelli in cui leggevo i suoi messaggi di incoraggiamento.
Lui mi scriveva di stare meglio. Continuava a lavorare, mandava email e organizzava appuntamenti dal letto dell’ospedale. Io lottavo contro i demoni della paura. Il primo agosto, alle ore cinque del mattino, mi ha scritto che mi ama. Io ho risposto tardi, troppo tardi.
Non so ancora il motivo per il quale ha accettato di essere intubato, non ho mai capito il perché. Sono seguiti tre giorni di attesa, tutto fluttuava in torno a me. “Noi siamo forti, ce la faremmo!” scrivevo a mia figlia, e lei mi diceva di cantare per papà. Mi mandava gli audio delle sue canzoni interpretate e sono sicura che lui le sentiva da lì dove si trovava in quel momento.
Poi ho sentito come l’amor e puro mi travolgeva, trafiggendo il mio cuore. Avete mai sperimentato quel attimo in cui ti innamori per la prima volta?
Quel sentimento che tutto l’universo può essere compresso in una infima particela che poi diventa te e tu diventi lei, che null’altro ha importanza e che sei finalmente completo nella più perfetta forma che puoi assumere?
Quello è stato lo sentimento provato da me in quel istante, qualcosa di difficilmente descrivibile e, ovviamente, indimenticabile. Non comprendevo il significato di que l sentimento, non stavo nemmeno a cercare di capire.
Dopo un quarto d’ora mi ha chiamato Silvia, la nostra prima figlia, e mi ha comunicato che lui non c’era più. Non volevo credere, non potevo credere che la Luna promessa non poteva più essere mia, così c ome mi aveva promesso. Non so quale patto ha fatto lui con la signora nera per salvare me, nemmeno cosa lo ha spinto a farlo.
Ma so che lui non è mai andato via perché si è annidato dentro la mia anima in quel momento in cui ha abbandonato il suo corpo terrestre. Lo sento e sento di essere diventata invincibile, anche se la mia indole paurosa non mi ha lasciato del tutto.
Ancora ho paura che i miei figli possano soffrire e vorrei trovare le soluzioni migliori per loro. A distanza di tempo riesco a scrivere queste parole che, probabilmente, non saranno mai lette. Senza di lui, forse, la mia vita non avrebbe avuto questo senso e non avrei vissuto l’esperienza incredibile che mi ha fatto vivere questo uomo nato in questa esistenza a Roma, viaggiatore nel tempo e nello spazio.
Al nostro primo incontro mi ha confessato di avermi sognata, quando era ancora un adolescente. Adesso io confesso di trovarlo in ognidove e di sentirlo presente più di prima.
Se amo l’Italia è per merito suo, se ancora sono qui e non sono ritornata in Romania è perché lui mi ha lasciato la missione di lottare per i nostri figli.
Romania è perché lui mi ha lasciato la missione di lottare per i nostri figli.
Lui era il mio critico letterario e il lettore più innamorato di ogni parola che usciva dalla mia mente contorta. Lui era il mio critico letterario e il lettore più innamorato di ogni parola che usciva dalla mia mente contorta. Adesso, se ancora scrivo, lo faccio in sua memori. Adesso, se ancora scrivo, lo faccio in sua memoria, per amore mio, per amore suo.
….Dal profondo del tuo cuore al cuore di me che legge….
..,queste parole sono state lette e non sono andate a perdersi nel oceano di parole scritte, ma lette…
E hanno formando un’onda tsunamica di dolore si, ma espresso.
A me è arrivato, sei arrivata.
Un forte abbraccio Roxana
Antonietta